Un libro che ferisce

Mi sono fatta prendere da Elena Ferrante grazie all’Amica geniale (una quadrilogia, diventata film, di cui ormai avrai sentito parlare mille volte) e intrappolata nel vortice delle pagine dei quattro volumi sensazionali, inquietanti e dolorosi sono finita con il comprare tutto di questa autrice e buttarmi a capofitto nella lettura (mi mancano soltanto due libri che sto tenendo da parte perché non voglio proprio rimanere senza). La Ferrante mi ha spiazzata con ogni suo libro e ho apprezzato davvero la sua scelta di riportare nomi e personaggi da un volume all’altro per far sembrare tutto un po’ collegato, dando così a chi legge un’idea di verità, che fa pensare a persone reali, a cui non possiamo che affezionarci visto che ci sembra sempre di ritrovare qualcosa e di tornare in un posto dove sicuramente siamo già stati prima.

I giorni dell’abbandono / Elena Ferrante / edizioni e/o / 211 pagine

Mi piace la crudità della scrittrice, il suo modo di descrivere le scene, le stanze, l’abbigliamento dei protagonisti è disarmante… quando parla del caldo mi sembra di sentirlo davvero, quando parla del dolore pure. La maternità per molte protagoniste della Ferrante non è tutta rosa e fiori, come in tante donne provano a farci credere. Loro la soffrono, a volte la detestano e scelgono di rinnegare propri figli, coloro che amano e odiano assieme. I figli non sono visti come la salvezza per loro e soprattutto non bastano per farle sentire vive e nemmeno per farle reagire. Un punto di vista nuovo che fa riflettere…

I giorni dell’abbandono senz’altro è il romanzo che mi ha “ferita” di più, almeno fino ad ora, ma ogni suo volume mi ha attirata, intrappolata e masticata, prendendomi fino alla fine… In questo libro la protagonista Olga viene improvvisamente lasciata dal marito e mentre il suo mondo finisce noi assistiamo allo spettacolo del fondo più nero che si possa immaginare. Ogni incubo prende vita e anche se me ne stavo lì a supplicare Olga di reagire, tirando fuori idee per farla sopravvivere, consigli per farle sopportare la sofferenza e spronarla per non lasciare crollare tutto attorno a se, piano piano sono finita in sequenza a provare quello che lei stava provando e alla fine sono riuscita persino a capirla. Non so bene come possa essere successo ma d’improvviso non mi è sembrato più così strano, triste, umiliante e deludente il modo che Olga ha scelto per affrontare questo disastro, anzi ho proprio iniziato a pensare che potrebbe succedere a chiunque e che non siano poi così “poverelle”, sciocche o stupide le donne che reagiscono, hanno reagito o reagiranno a questo modo!

“Ho avuto una reazione eccessiva che ha sfondato la superficie delle cose”

“E poi?”

“Sono caduta”

“E dove sei finita?”

“Da nessuna parte. Non c’era profondità, non c’era precipizio. Non c’era niente”

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