Addio enta

Addio enta

Proprio oggi finisco il mio ultimo “enta” e non posso che partire con il pensiero ai miei colleghi, coloro che da ragazzina (avevo soltanto vent’anni) mi dicevano che la vita vera inizia proprio a quarant’anni. Loro erano tutti uomini, forse per le donne è un po’ diverso, ma non ho mai voluto approfondire e non voglio indagare proprio adesso, visto che oggi voglio davvero credere che la vita vera, quella bella, che si capisce e che si apprezza, inizi da domani.

Sono quindi arrivata ad oggi comunque vivendo, facendo del mio meglio per giungere agli “anta” forte e preparata, pronta a vivere la vita vera nel modo più giusto; ad oggi posso dire fieramente di non aver mai controllato gli accessi di nessuno, mai tradito un’amica, mai deluso i miei genitori e mai rivelato un segreto.

Se guardo indietro vedo più ricordi tristi, li vedo nitidamente, luminosi e profondi, ma ho letto che è normale sia così perché i ricordi felici restano sbiaditi e, da subito, rimangono opachi, come i vetri degli oblò, dentro al cervello.

In questi giorni mi vengono in mente cose a caso che forse mi servono per aprire le porte della vita vera, o forse soltanto per scrivere questo pezzo…

Penso ad esempio ai miei nonni seduti sulla strada, alle notti in cui dormivo accanto a mio fratello perché avevo paura, ad un’amica importante che un giorno si è inventata qualcosa e ha deciso di spezzare a metà un gruppo bellissimo che ancora mi manca e a quelle volte in cui da ragazzi scavalcavamo il recinto per buttarci di nascosto in piscina.

Penso a quando ho amato tantissimo fino a spaccarmi il cuore, fino a dimenticarmi persino di me stessa e poi ho capito che l’amore non mi bastava, e allora mi sono girata un attimo per poi notare che attorno a me non c’era più niente; penso a quando credevo che la noia fosse un posto brutto e poi invece mi sono accorta che ogni tanto stare assieme a lei è bellissimo, rilassante e rassicurante, e che i bambini, per essere creativi da adulti, di lei abbiano davvero bisogno; penso a quando un giorno all’improvviso, mi sono resa conto che non era sufficiente per non essere vista che i miei occhi fossero chiusi, o al buio, o nascosti…

Penso che per me arrivare prima è spesso come arrivare ultima, perché non posso scegliere a chi sedermi vicino, cosa che mi è sempre piaciuta tanto, penso anche che adoro quando qualcuno mi tiene il posto; penso che quando ritrovo qualcosa che non mi ero accorta di aver perso non provo niente, neanche un po’ di gioia; così come quando assisto alla gaffe di un altro: niente, vuoto assoluto. Poi penso ad alcune mie foto bellissime di nuvole, tralicci e pozzanghere.

Penso al fatto che ho ancora paura di attraversare viale Risorgimento, sono stati bravi i miei genitori quando ero piccola a farmi del terrorismo, spero di essere in grado di far la stessa cosa per mia figlia con quel dannato Canale Emiliano Romagnolo accanto alla mia futura casa. E, pensando a questa nuova casa, credo sia davvero opportuno dire: “mai dire mai” perché proprio non lo potevo immaginare di andare a vivere in un posto così: ci vado per la vita vera!!!

Penso a quando spegnevo tutte le luci per risparmiare energia; a quanto mi dispiaceva da bambina far spendere i soldi ai miei genitori, a quanto mi dispiaccia anche adesso; poi penso ai desideri scritti sui piatti che gettavamo dalla finestra per l’ultimo dell’anno, e ai grovigli di cavi elettrici per le strade di Cuba. Penso a quanto sia bello provare devozione e stima per qualcuno senza mescolarci dentro l’invidia e quanto mi renda felice oggi guardare una donna e vederla bellissima senza trovarmi sbagliata al suo fianco perché, ad un certo punto, ho imparato a non fare più i paragoni!

Penso alla paura che avevo mentre salivo sul primo aereo, la novità era disarmante, e poi penso alla voglia che avrei di salirci domani per l’inizio della vita vera. Penso alla gente stupida che crede che una donna in maternità abbia tempo per godersi le giornate senza il lavoro (non ha probabilmente idea di quanto sia complicato il lavoro che ci si ritrova improvvisamente a fare), senza considerare quanta burocrazia e scartoffie si debbano gestire e compilare. Penso a quanto mi sia difficile dedicarmi alle cose che mi infastidiscono. Penso a quanto sia sbagliato non mettere mail il bagno in fondo a sinistra!

Penso al senso che non trovo del tradurre i nomi delle città: Milano diventa Milan, Venezia Venice e London Londra; e poi penso a quella volta in cui mi è stato detto: “ma tu senza me non ce la fai”, e al tempo che ho passato a credere che non ce l’avrei fatta per davvero; penso a colei che mi ha girato le spalle quando avevo più bisogno e alle amiche vere che non mi hanno girato le spalle mai e con cui sto già organizzando un’altra vita: quella che partirà intorno agli ottanta!

Penso di essere stata furba ad imparare a dormire in tutte le posizioni, sia con la luce che senza, sia col rumore che in silenzio, sia a comando che solo per dieci minuti veloci veloci; penso a quando mi alzo di notte e accendo la luce per andare in bagno tenendo sempre un occhio chiuso come i pirati, per essere sempre e subito pronta, come loro, al buio, ricordando che all’occhio umano occorrono 45 minuti per abituarsi completamente all’oscurità.

Penso a quando vedevo tutto in bianco e nero, a quando discriminavo gli errori, a quando, intransigente, non avrei capito e approvato certi comportamenti; e poi penso ad ora, a tutti i colori che vedo e alle sfumature che finalmente ho notato, solo di grigi ne esistono oltre 500 tonalità. Penso a quanto è più bello il mondo alle porte della vita vera, quanto è più facile vivere meno rigidamente, quanto è più semplice rendersi conto che alla fine sbagliare è bello, cambiare idea è speciale e fallire utile per poterci riprovare.

Penso non ci sia rimedio per le adolescenti, e cioè che ad un certo punto la vita ad ogni ragazzina debba, per forza, fare un po’ schifo; io credo di aver avuto quasi una decina di anni di difficoltà e arranchi (anche se ero una persona piuttosto normale, cresciuta da genitori bravi e presenti), penso quindi che la cosa importante sia soltanto spiegare alle proprie figlie che, ad un certo punto (intorno ai 27 anni per me), la vita ricomincerà ad essere bellissima e poi penso che via, la vita vera inizia a quarant’anni ed è quindi necessario soltanto avere pazienza!!!

Penso di aver capito però che si nasca senza pazienza e che essa sia una di quelle doti che si debbano acquisire, studiare ed imparare; penso che in pigiama, seduti su un letto di ospedale, siamo veramente tutti uguali, fragili e indifesi ad ogni età. Penso a quando avevo paura degli aghi e poi ho iniziato ad aver confidenza, a quando tagliavo la coda alle lucertole e a tutte le volte in cui, facendo le analisi, mi impongano un comportamento diverso.

Penso anche a quando da bambina baciavo i gatti e ora li allontano dicendogli: “ssshoooow”…

Ultimamente noto delle anomalie nelle persone che parlano male l’italiano, mi viene da pensare che non siano umani ma virus, mi immagino che toccandoli io possa perdere la memoria, o entrare nella loro testa cedendogli il posto nella mia. Penso a quella tristezza che mi prende ogni anno a fine estate quando iniziano a svuotarsi gli espositori delle caramelle nel bagno al mare, iniziano a scarseggiare i gelati e poi arriva l’ultimo giorno della fonospiaggia.

Penso che ci siano alcuni dolori inconsolabili che non perdono mai la loro forza e la loro intensità, gioie che invece si annebbiano e poi sbiadiscono, desideri che si realizzano ma che non danno neanche un po’ di soddisfazione; penso che le persone che si danno appuntamento finiscano con l’incontrarsi sempre, e quelli che decidono di non vedersi più si incontrino comunque, ma per sbaglio.

Penso che fino ad ora sia stato praticamente tutto un bluff, anche se spero di aver gettato bene le fondamenta per la vita vera, a questo punto aspettiamo che ritorni la luce, di sentire una voce, aspettiamo senza avere paura, domani…

 

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