Non sei tu il problema

“E poi dimmi che non sono brava, Marco mi ha chiesto se avevo bisogno di un passaggio fino alla metro e gli ho risposto di no, che preferivo continuare a piedi”.
Il viso grazioso è incorniciato da capelli biondi e la tua giovane età ti consente un atteggiamento che risulta piuttosto malizioso, nonostante la presenza dell’odiosa FFP2 a coprire la tua bocca. Chissà com’è la tua bocca, mi ritrovo a chiedermi, mentre sussurri rivolta alla camera del tuo smartphone.
Lo reggi con unghie curate di smalto fucsia, non ti imbarazza essere circondata di persone. La tua videochiamata in una carrozza di un Intercity quasi pieno, ti sembra naturale, come se nessuno potesse sentirti.
Io però ti siedo di fronte e anche volendo, e non sono certa di volerlo, mi sarebbe impossibile non ascoltare. Lo ammetto, la “pazza di casa” sta bussando e si sa, non aprirle quando si annuncia è impossibile.
Posso anche fingere di interessarmi ad altro, ma l’attenzione ricade inevitabilmente su di te, che ti rendi conto molto presto che quella frase lì non avresti proprio dovuto dirla. E pensare che credevi che ti avrebbe finalmente vista sotto una luce diversa.
Sia chiaro, sono già convinta che il problema sia lui, non tu, però lo ammetto, pare proprio tu abbia sbagliato la partenza.
Lo capisci perché ti accorgi che ogni tentativo di deviare la conversazione da quell’unico inutile argomento, ogni sterzata verso una bella immagine, un’emozione, un ricordo, un progetto, cade nel vuoto.
E il fiato ritorna lì, lui torna lì, ad indagare, a chiedere spiegazioni, a rendere torbido un momento che nemmeno esiste, se non nella sua fantasia malata.
Provi a sdrammatizzare, sorridi con gli occhi, mantieni la calma sistemandoti i capelli con cura e mostrando un poco di scollatura. Magari si calma, pensi. E invece no, se possibile si innervosisce ancora di più. Non so cosa stia dicendo lui, ma percepisco perfettamente le tue parole che a poco a poco perdono colore, assorbono la pesantezza di chi mette in dubbio il tuo fare senza alcun motivo reale, sotto l’impeto (credo di intuire) di quell’orrendo sentire che si chiama gelosia.
Un sentimento assurdo, che sporca i ricordi, sbiadisce le emozioni belle e avvolge tutto in una coperta di sospetti.
“E no, allora non mi ascolti, volevo solo dirti che sono passata dal suo ufficio, ho salutato, mi ha offerto un passaggio e ho risposto di no. Mi puoi dire dov’è che ho sbagliato?”
Potresti essere mia figlia, vorrei prenderti di mano il telefono e dirgli io due parole, anche se non so cosa riuscirei esattamente ad articolare sull’onda dell’emozione.
Magari lo esorterei a non coinvolgerti nel suo lavorio mentale, nei suoi dubbi, nel suo disincanto di uomo maturo. Anche se a dire il vero dal tono delle tue parole mi sembri molto più matura tu, nonostante il viso che per sbaglio il tuo cellulare mi ha mostrato.
Alla prossima giustificazione che ti sento pronunciare per quel cavolo di passaggio nemmeno usufruito, giuro vorrei avere il coraggio di farlo.
Sospiri, ti metti più comoda sui sedili e dimostri una pazienza infinita per quest’uomo più grande, probabilmente non libero e sicuramente ammaliato dalla tua freschezza. Vorrei dirgli di non farti male, di amarti e basta, senza sovrastrutture.
La telefonata inizia a stancarti, si intuisce dal tono della tua voce, che non si capacita di tanta insistenza per un problema che non esiste.
Magari in principio questo slancio di gelosia e possesso ti ha lusingata e fatta sentire speciale, ma ora, ne sono certa, sta cominciando a non piacerti più.
Mi sto avvicinando alla mia stazione. Peccato. Mi dispiace scendere e lasciarti in balia di un groviglio di pensieri tossici che non dovrebbero appartenerti.
Ti guardo sbuffare, spero finalmente stanca di un meccanismo malato che vuole scalfire il tuo modo di essere.
Le ultime parole che ti sento pronunciare prima di allontanarmi compongono un flebile “Ha solo chiesto se volevo un passaggio. Ho detto no. Va beh ma se non ti fidi di me, se ti dà fastidio tutto quello che faccio, che vivo, che provo, mi spieghi cosa cazzo stiamo facendo io e te?”
Spero che tu riesca a capirlo, prima che lui ti faccia soffrire troppo. Non sei tu il problema.

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