Lettera 38 È tutto lì

Mercoledì 27 luglio 2022

Ciao Fra,
stavolta sono io ad essere in ritardo.
Sono passati mesi, sono successe così tante cose. È cambiato il mio mondo e sono cambiata un pochino anch’io. Nel frattempo, per fortuna, ti ho finalmente rivista, ma non sono riuscita a dirti tutto quello che avrei voluto. Era uno di quei giorni in cui mi sentivo come un involucro interamente occupato da una colata di cemento. Pesante, distante, priva di forze, con un senso di oppressione e soffocamento che non lasciava spazio alla luce di entrare, ma neppure alle emozioni di uscire.
E ora posso confessartelo, quando ci siamo incontrate per una pausa pranzo che doveva rappresentare il tuo ritorno alla normalità, io non ero davvero lì con te. Ero altrove, impegnata a cercare di dare un nome a quello che sentivo, tutta tesa nello sforzo di trovare un posto in cui sistemare in posizione più comoda chi non c’era più.
Sono certa di averti parlato molto poco della morte del babbo. Non volevo appesantire il momento più di quanto già non stessero facendo i miei occhi, che al minimo accenno tracimavano come una diga troppo piena.
Ho preferito tenere tutto dentro, ragionare il mio dolore, coccolarlo e rimandare le parole. Non lo so se ho fatto bene ma non sono riuscita ad essere diversa.
Non ti nego che tuttora non mi è facile raccontare l’accaduto, rivivere gli istanti, rivangare ricordi. Sono ancora in quella fase lì.
Ci sono momenti in cui vivo, amo, corro e cerco disperatamente di non pensare ed altri in cui tutto torna su e mi sommerge. Basta un niente a volte, un profumo, un luogo, una voce. Tutto concorre a riportarmi lì, al mio non essere più figlia.
I momenti più terribili sono quelli in cui vorrei ricostruire pezzi di vita e non ho più nessuno a cui chiedere e allora mi rimprovero. Avrei dovuto fare di più e fare meglio. Avrei dovuto fare più domande e scrivermi tutte le risposte. E non riesco a calmarmi fino a che non sento voci che mi rassicurano dicendomi che di più non avrei potuto.
Vedi, ero partita con l’idea di parlarti di altro e sono ancora qui.
E tu invece hai bisogno di pensieri belli e mi dispiace davvero di non essere stata capace di iniziare fin da subito ad idratarti la mente come ti prometto proverò a fare da ora in poi.
Ti dico solo che ho dovuto consegnare le chiavi di una casa che non era nostra. Una casa da svuotare in fretta perché le regole se ne fregano dei sentimenti e vogliono così. E dentro c’era tutto. C’erano loro e 50 anni di vita. Non vedrò più la collina da quel terrazzo, ma non importa. È tutto impresso nella retina. La mamma seduta con lo sguardo rivolto ad un orizzonte che non vedeva. Il babbo a fianco, a lamentarsi di tutto come se non ci fosse un domani, perso nei suoi ricordi di bambino.
Non mi siederò più sul marciapiede fuori casa, sotto l’altarino costruito dal babbo, a parlare di niente cercando di fermare la vita e di prepararmi al peggio.
Ma non importa. La retina sa trattenere così tanto.
È tutto lì. Lo vedo spingere la carrozzina, con tenerezza. Immagino la sua mente piena di rimpianti.
Ed è in questi momenti che la luce entra e mi porta a pensare che il senso di ogni cosa sia racchiuso proprio lì, dentro a un amore immenso che non finisce, anche se ogni altra cosa sì.
Ti voglio bene, ti aspetto e ti prometto che proverò a tornare con pensieri più leggeri.
PS È stato bellissimo rivedere con i tuoi occhi la nostra cara vecchia mamma Carisp e so, con certezza, che hai già riconquistato un posto tutto tuo.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Comment *






*