Lettera 33 Fragili e indifesi

Giovedì 26 agosto 2021

Ciao Rita, scusami se ho tardato un po’ a risponderti, ma tra una cosa e l’altra non avevo mai voglia di accendere il pc…

Ti scrivo oggi, che ne ho veramente bisogno, in questo giorno che all’apparenza può sembrare normale, un giovedì qualsiasi di un estate qualsiasi, di una vita qualsiasi che è la mia, che sono una persona qualsiasi e che oggi, più di sempre, spero tanto di rimanere tale per tutto il tempo che mi resta…

Oggi ho perso Lucia!

L’ho persa per cinque minuti infiniti, che sono stati i più lunghi e strazianti di tutta la mia vita; cinque minuti intensi che mi hanno fatto perdere il senno e pensare a milioni di cose insensate ed inutili che mi hanno portato via una decina di anni di vita, di serenità e di sentimenti. L’ho persa mentre prendevo i braccioli da sopra il lettino, lei era lì col ciuccio, mezza addormentata, e un attimo dopo non c’era più. Mi sono girata per trecentosessanta gradi guardando dappertutto, pensando che l’avrei sorpresa di lì ad un metro, visto che un solo secondo era passato, ma lei non c’era e nessuno attorno a me la vedeva.

Ho iniziato a chiamarla, a disperarmi, la gente mi guardava con dispiacere e disapprovazione, come se avessi sbagliato qualcosa, come se la mia distrazione fosse stata un crimine: e in quei cinque minuti ti giuro che un crimine lo è diventata. Ci siamo divisi Andrea ed io, lui da una parte ed io dall’altra, come succede sempre nei film dell’orrore, i bambini degli amici fermi all’ombrellone, che cercavano sotto i lettini e dietro ai borsoni. Le nostre amiche che correvano in ogni direzione, ed io guardavo l’acqua con un odio infinito che mai avevo provato contro niente e nessuno al mondo, minacciandola di non nascondermi Lucia, di non prenderla, di non azzardarsi a toccarla e portarmela via.

La vita può cambiare così: in un attimo! Ti giri e si rompe tutto, si spacca ogni cosa, si distrugge e si sgretola e tu resti lì impotente e non hai più niente, nemmeno un senso, nemmeno un muscolo, nemmeno le ossa o la pelle o la voce per gridare: te ne rendi conto? Io me ne sono accorta oggi, in quel momento, in cui non sentivo più nemmeno il caldo o il freddo, non sentivo nemmeno il disagio o la vergogna, correvo, provavo ad urlare con la mia voce strozzata, pensavo a cose stranissime, persino ad alcune amiche mai più viste e persino ai miei ex, che in quel momento, dentro la mia testa, avevano improvvisamente milioni di colpe perché a causa loro, che nemmeno frequento più, mi trovavo lì e non altrove a vivere un’altra vita diversa da questa che mi trovavo a vivere adesso, un adesso che mi terrorizzava… mi veniva da vomitare, avrei potuto farlo, non mi sarebbe importato, mi veniva voglia di rovesciare tutto, tanto ormai tutto era un macello, avevo voglia di spaccare la faccia a quelli attorno a me che mi guardavano e si dicevano “hanno perso una bambina”… una qualsiasi, una bambina qualsiasi, in un giorno qualsiasi, durante un’estate qualsiasi, in una vita qualsiasi che però era la mia…

“Attenzione! Lucia aspetta la mamma Francesca all’ufficio informazioni” e, grazie al cielo, è finito tutto così: con un messaggio che ho sentito un milione di volte e che però stavolta aveva il mio nome e chiamava me… un messaggio che avrà per sempre un peso completamente diverso ora che ho dovuto vivere questo strazio…

Correndo verso l’ufficio avevo voglia di prenderla per i capelli e picchiarla, ma poi quando l’ho vista mi è venuto da piangere e l’ho abbracciata forte, fino quasi a stritolarla… l’ho sgridata, ho urlato e pianto ancora, non ho più smesso di tremare, nemmeno adesso, a 10 ore di distanza, con lei di là, al sicuro, che dorme nel suo lettino… hai ragione Amica mia siamo davvero tutti fragili, fragili e indifesi, ognuno di noi con le proprie ferite, terrorizzati dalla perdita e dal dolore, dentro le nostre vite qualsiasi che in un attimo possono diventare tragedie…

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