Lettera 16 Rita Zen

Venerdì 15 maggio 2020

Ciao Fra,

Lucia ha nel viso certe espressioni che sono proprio identiche alle tue, la bocca poi la atteggia in un modo che mi fa troppo ridere tanto mi ricorda te.

Per rispondere subito alla tua domanda posso dirti con sicurezza che anche io quando guardo i miei ragazzi sento di essere davvero nel posto giusto e di aver fatto un gran bel lavoro. Ed è ben strano perché di solito sono talmente critica con me stessa. Vuoi che non mi vengano dubbi? Ne ho continuamente. Poi però mi affaccio sulle loro vite e sento che sì, posso dirmelo anche da sola che un pochino brava lo sono stata. Certo mi capita di guardarmi alle spalle e rendermi conto di quanto fossi più giovane, energica e carina tempo fa, ma poi rifletto su quello che sono ora e mi rendo conto di essere semplicemente il frutto del mio percorso con loro. Per cui, va bene così.

Sono talmente felice che tu abbia potuto finalmente incontrare i tuoi “congiunti”. Che ridere questa parola, da dove gli sarà venuta fuori a quel bell’uomo, che più confusione di così non ne avrebbe potuta creare. Comunque, i miei congiunti bolognesi arriveranno a brevissimo e credo che io mi appiccicherò con le mani alla pancia della Giuli per ore. Poi ti racconterò nei dettagli ogni singolo momento di emozione vissuta. Nell’attesa del loro arrivo dovrò dedicarmi ad una sanificazione del “mio ufficio” che altro non è se non la camera di Matteo, da me occupata come se fosse la mia seconda casa. Praticamente qui dentro ci vivo, lavoro, bevo litri di caffè e rifletto. 

Da quando ci siamo sentite l’ultima volta il nostro paesello ha dovuto salutare un altro dei suoi figli. Lo avrai letto sul giornale, se ne è andato Lorenzo ed è una ferita che per Predappio si chiuderà davvero con fatica e forse mai. Volevo anche dirti che riesco a far passare certi giorni senza piangere per la mamma. Devo solo stare attenta a non visualizzarla, se no è finita.  Se lascio spazio alla sua immagine parte nella mia mente una sequenza di colori, odori, sensazioni e ricordi che non mi lasciano scampo. Il trucco è riuscire a volte a bloccare l’immagine appena si materializza, giusto per consentirmi un minimo di protezione in certe situazioni per poi lasciarla andare quando posso permettermi di piangere per tutto il tempo che voglio.

Proprio a questo proposito, perché in qualche modo ciò che ti dirò si ricollega a questa mia esigenza di difendermi, ho una gran voglia di raccontarti che venerdì scorso ho letto una bellissima intervista ad un Maestro Zen che mi ha fatto nascere dentro un desiderio incredibile di approfondire l’argomento. “Inutile distanziarsi dalla paura. Per il Buddha malattia e morte sono parte della stessa vita”, l’articolo iniziava così, per poi affrontare il tema della impermanenza. Trovo che quest’ultimo termine abbia un significato bellissimo, perché è vero che tutto è passeggero, in costante mutamento e nulla è eterno. Basterebbe accettare questa realtà e cioè che la permanenza è un’illusione, per riuscire a guardare con serenità le cose che fluiscono e cambiano.

Facilissimo a dirsi, poi nel concreto è tutta un’altra storia.

Per farti un esempio, quando qualcosa non va e non dipende da me io ci provo a non avere pensieri negativi, perché mi rendo conto che ossessionarmi se non c’è soluzione, mi fa solo stare male, ma non ci riesco quasi mai. Mi sto però convincendo sempre più che considerato tutto ciò che ci circonda e il tipo di vita che conduciamo, sia diventato di fondamentale importanza imparare la meditazione. Ci penso da tanto sai, poi però non trovo mai né il metodo né il momento giusto. Ma qui, fra le parole del Maestro Zen, ho scovato un’indicazione così semplice che mi pare quasi un peccato non tentare di metterla in pratica. Lui dice che per meditare basta sedersi a terra a gambe incrociate, o su una sedia, e poggiare la mente sul respiro. Che detto così pare facilissimo. Per ancorare la mente alla sensazione del respiro occorre contare i respiri, arrivare sino a cinque e poi ricominciare da capo e così via, nel silenzio e immobili. E se per caso la mente si permette di divagare, si riparte sempre da uno. Secondo il Maestro sono sufficienti 5 minuti per iniziare, allora mi sono detta che posso riuscire a stare in silenzio e immobile per 5 minuti. Di più non saprei, ma vedremo.   

Il problema è che non conosco niente di più tendente al divagare della mia mente. E’ capricciosa, indisciplinata e di restare appoggiata sul respiro non ne vuole proprio ancora sapere. E’ incredibile quanto poco spazio le basti per partire con i viaggi più complicati e di conseguenza non puoi immaginare quante volte io debba ricominciare da uno. Non mi arrendo però stavolta Fra perché sono davvero convinta che per lei sarebbe una sorta di convalescenza, un momento di riposo dal troppo agitarsi. Ovunque scappi la mente, il corpo è sempre qui e ora e tu non sai quanto vorrei riportare la mia mente nel mio corpo ogni volta che lei vuole fuggire. Magari se imparo a meditare smetto pure di fare strani sogni. Alla prossima, se ti va, te ne racconto uno che mi accompagna da un po’, così proviamo a capire insieme da dove salta fuori e mi aiuti pure ad interpretarlo.

Intanto ti mando un bacio e sento che siccome tutto sta andando per il meglio, presto potrò anche vederti e ti avviso, non lo so se riuscirò a non abbracciarti.

Arriva presto,

ti voglio bene

Rita

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